martedì 6 dicembre 2011

Energia: Finlandia, produzione di energia con biomasse


biomasse
10 giu. Il più grande progetto di gassificazione della biomassa del mondo è in programma per la Finlandia. La Global Engenering and Technology Corporation, Metso , è dietro l’impresa, per la costruzione dell’impianto a Voima Oy, Vaskiluodon a Vaasa.
Utilizzando la tecnologia di Metso per sostituire il carbone con energie rinnovabili a base di legno, l’impianto sarà in grado di fornire circa 140 MW alla rete, rendendo l’operazione più grande del suo genere in tutto il mondo.
E’ previsto che dal 25% al ​​40% del carbone attualmente in uso sarà sostituito da biomasse a base di legno, come i residui di foresta e di lavorazione del legno. Il carbone sarè ancora utilizzato per la combustione del gas fornito dalla biomassa, però, si potrà vedere una riduzione delle emissioni di CO2 di circa 230.000 tonnellate annue.
Il progetto ha comportato un investimento da parte Vaskiluodon Voima pari a 40 milioni di euro e dovrebbe essere pienamente operativo verso la fine della coda del 2012. Metso sarà responsabile dello sviluppo del sistema di movimentazione del combustibile, l’impianto di essiccazione e il gassificatore, nonché per le modifiche delle infrastrutture di supporto per il sistema esistente a carbone. Juhani Isakssun, un Product Manager per Metso, ha detto:
“La maggior parte della produzione mondiale di energia è ancora prodotta dal carbone. La nuova tecnologia di Metso di bio-gasification, compresa la biomassa essiccata, offre una nuova alternativa economicamente vantaggiosa per i grandi impianti a carbone per aumentare la quota di biomassa e ridurre al proporzione di carbone e delle emissioni. “
La tecnologia di Metso è pensata per avere un costo relativamente basso e un modo veloce ed efficiente della distribuzione di bioenergie, come il calore in eccesso da riutilizzare in un impianto appositamente progettato per l’essiccazione. In tal modo, la biomassa umida diventa una soluzione conveniente per operazioni su larga scala, come quella di Vaasa. L’approvvigionamento della biomassa sarà a livello locale, invece di importare carbone forniranno anche nuovi posti di lavoro nella zona.
Il progetto pone la Finlandia in una posizione invidiabile per quanto riguarda l’uso delle energie rinnovabili nella produzione energetica. L’attuale legislazione prevede che tutti gli stati UE devono fornire il 20% di tutta l’energia da fonti rinnovabili entro il 2020 e la Finlandia è ben più avanti. Attualmente, il 25% del consumo energetico della Finlandia proviene da fonti rinnovabili e il paese cercherà di raggiungere il 38% entro il 2020.

giovedì 29 settembre 2011

Centrali a biomasse con alberi del Sud del mondo per le «nostre» rinnovabili


Multinazionali hanno acquisito terreni nel Terzo mondo per piantare alberi da trasportare in patria


MILANO - Alberi che arrivano via nave in impianti realizzati sulle coste per ricavare energia dalla biomassa forestale. Sta capitando in Gran Bretagna dove, in accordo con ladirettiva europea che prevede entro il 2020 di aumentare la percentuale di rinnovabili, e dunque anche la biomassa, e in un bilancio dell'Unione europea che vede il suo contributo attuale a quota 5 per cento, sono stati approvati una serie di progetti. Obiettivo, la costruzione di «centrali» da biomassa agroforestale, con un aumento del fabbisogno di legname previsto al 600 per cento.
AFRICA E SUD DEL MONDO - Conifere, ma anche bambù, truciolati e residui industriali. Tutto può servire a riscaldare le case e produrre elettricità. Un paper dello Iied, International for Environment and Development, istituto di ricerca indipendente britannico, analizza le implicazioni di questo progetto. E un ricercatore italiano, Lorenzo Cotula, a capo del Land Rights Team del centro, spiega: «È inevitabile chiedersi come saranno assicurati gli approvvigionamenti. Finora l'attenzione si è concentrata su fornitori “tradizionali”, quali il Canada, gli Stati Uniti o la Russia. Ma è da vedere se questi Paesi riusciranno a stare al passo con la crescente domanda internazionale. Infatti alcuni operatori del settore hanno cominciato ad acquisire terreni in Africa, America Latina e Asia per creare piantagioni di alberi». A partire dalla premessa che le biomasse rappresentano potenzialmente il 77 per cento delle energie rinnovabili, i vantaggi nel medio termine sono immediati: riduzioni delle emissioni di CO2, minor impatto ambientale. Nel lungo periodo, invece, è prevista la diminuzione delle tariffe, una volta ammortizzati gli investimenti negli impianti. Francia, Germania e Usa stanno già utilizzando questo sistema, soprattutto a livello domestico. Data la situazione, come si legge nel paper dello Iied, ci si aspetta un aumento della domanda internazionale del legno. Il tutto mentre le multinazionali di ogni bandiera hanno fatto acquisizioni nel sud del mondo. Qualche esempio? Le company americane si sono assicurate migliaia di ettari in Guyana, Congo, Ghana, India. L’Europa ha investito in Mozambico, la Corea del sud in Cambogia e in Indonesia.
IMPLICAZIONI PER LE POPOLAZIONI LOCALI - Una realtà che è produttiva in termini energetici, di accesso all’energia e di posti di lavoro, certo. Ed è facile dire che la strategia «acquisto di terreni all’estero per piantare alberi da trasportare in patria» potrebbe essere un buon esempio per tutta l’Europa. Ma è altrettanto facile girare la medaglia e guardare il suo lato meno splendente. «Se questa tendenza continua, molte domande poste finora su acquisizioni di terreni per biocarburanti e agroalimentare si porrebbero anche in questo settore - in particolare riguardo agli impatti sulle popolazioni locali», spiega Cotula. Che tradotto significa: «Il crescente interesse esterno in terreni africani per progetti agroalimentari o bioenergetici crea rischi importanti per le popolazioni locali». In molti Paesi africani la terra appartiene allo Stato, con i governi che negoziano i contratti di affitto a lungo termine con gli investitori. «Le popolazioni possono aver occupato le terre per generazioni, ma formalmente hanno spesso solo deboli diritti di uso, vengono poco consultate e dispongono di fragili meccanismi di ricorso. Dove i diritti locali sono più forti, invece, ci sono problemi di attuazione, spesso legati a mancanza di know-how e rapporti di forza». Per gli esperti è necessario dunque, a livello preliminare, un «dibattito aperto sugli impatti sociali che le politiche energetiche dei Paesi del Nord del mondo possono avere sui Paesi in via di sviluppo». E non solo sui carburanti, come è capitato per la vicenda del delta del Niger o per la questione delle dighe in Sudamerica. Importante, poi, è imparare dall’esperienza passata. Perché, come sottolinea Cotula, «nel settore dei biocarburanti e dell'agroalimentare, ci sono operatori attivi in Africa che lavorano con i contadini locali, e molto si può imparare da queste esperienze».
AUTOSUFFICIENZA PER L’ITALIA? – Da noi l’argomento biomasse è meno noto, soprattutto a livello industriale. Ma secondo l'Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano che ha da poco presentato la seconda edizione del Biomass Energy Report, le biomasse agroforestali hanno contribuito nel corso dell'ultimo anno alla produzione di energia primaria per 5,6 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), pari a 65,1 TWh di produzione termica o 25,4 TWh di produzione elettrica, circa il 2,9 per cento del fabbisogno totale del nostro Paese, in crescita del 7% rispetto all'anno 2009. All'inizio del 2011 in Italia esistevano inoltre più di 500 impianti a biogas con una potenza complessiva superiore ai 550 MWe e una produzione annua complessiva di 2.891 TWh. Si tratta di dati che ci mettono al terzo posto in Europa dopo la Germania (12 TWh) e il Regno Unito (con oltre 7 TWh, che però costituiscono il 31 per cento del totale di produzione di elettricità da fonti rinnovabili). E si può parlare di un buon risultato, che va però guardato in un’ottica a lungo termine e tutta nostrana, senza pensare di seguire l’esempio di Gran Bretagna e altre potenze mondiali che cercano concessioni all’estero per piantare alberi. Secondo Matteo Monni, vice presidente di Itabia, Italian Biomass Association, «le foreste non ci mancano, sebbene siano spesso trascurate e mal gestite. Ma è necessaria una premessa: in questo momento soffriamo a causa di una normativa molto complessa, con difficoltà perfino nel trovare una definizione condivisa di biomassa». Altro tasto dolente è poi, come spesso accade, quello degli incentivi («troppo pochi»). Non mancano, infine, problemi a livello organizzativo: «Andrebbero coinvolti gli agricoltori per recuperare i residui delle potature perché ogni anno sono 15-20 milioni le tonnellate di residui legnosi ed erbacei che si potrebbero utilizzare».

domenica 31 luglio 2011

Stop della detrazione fiscale del 55% per le caldaie a biomassa e all'uso dell'olio vegetale puro nei motori agricoli


Due interrogazioni parlamentari del SEN. FERRANTE sullo stop della detrazione fiscale del 55% per le caldaie a biomassa e dell’ON. CALLEGARI sull’uso dell’olio vegetale puro nei motori agricoli, che raccolgono le istanze di AIEL

Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale delle interrogazioni formulate ai rispettivi Ministri

INTERROGAZIONE  Al Ministro dello Sviluppo Economico Presentata dal Sen. Francesco Ferrante

Per sapere, premesso che:
- è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 2010, il D.M. 26 gennaio 2010 del Ministro dello Sviluppo e dell'Economia, che produrrà effetti negativi per tutti coloro che erano intenzionati a installare una caldaia a biomasse nella propria residenza;
- tra gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici che a normativa vigente, D.M. 11 marzo 2008, possono beneficiare della detrazione fiscale del 55%,  è compresa la sostituzione della vecchia caldaia con una caldaia a biomasse;
- è importante evidenziare che nelle norme in vigore il diritto alla detrazione può avvenire entro precise e giuste condizioni: avere un rendimento utile nominale minimo conforme alla classe 3 di cui alla norma europea EN 303-5, che per una caldaia da 30 kW è pari al 76%; rispettare i limiti di emissione di cui all'allegato IX alla parte quinta del D. Lgs.152/06, oppure i più restrittivi limiti fissati da norme regionali, se presenti; utilizzare biomasse combustibili ricadenti fra quelle ammissibili ai sensi dell'allegato X alla parte quinta dello stessoD.Lgs . 152/2006, quindi sostanzialmente legno vergine;
-  il nuovo Decreto ministeriale introduce, incomprensibilmente come denunciato anche dall'Aiel, nuove condizioni che di fatto annulleranno quasi completamente ogni ragionevole possibilità di usufruire di questa agevolazione fiscale. Di fatti per beneficiare della detrazione sull’acquisto della caldaia a biomasse viene previsto l’obbligo di intervenire, e quindi sostituire, anche porte e finestre con infissi che rispettino i limiti massimi di trasmittanza previsti dalla normativa. In pratica anche coloro che hanno costruito negli ultimi anni la propria casa, per ottenere la detrazione sulla caldaia a biomasse  dovranno cambiare tutte le finestre dell’abitazione, anche quelle realizzate con doppio vetro e buone caratteristiche di isolamento ma che non rispettano i requisiti massimi che il nuovo Decreto ministeriale introduce;
-  inoltre si istituisce un “coefficiente di correzione” 0,3 che nelle intenzioni vuole tener conto della reale quota di rinnovabilità della biomassa con lo scopo di promuovere le biomasse in un contesto paritario con le altre fonti fossili e rinnovabili, ma in pratica si stabilisce che la quota di energia fossile necessaria a produrre il riscaldamento da biomasse combustibili è pari al 30%. Questa assimilazione si può definire solo con un concetto "decisione assurda e inconcepibile";
-  in primo luogo perché la preoccupazione di considerare le biomasse alla pari dei combustibili fossili come gasolio o metano è del tutto incomprensibile, quando gli indirizzi politici nazionali e comunitari sono rivolti a promuovere le rinnovabili e fra queste l’energia prodotta da biomasse. Il provvedimento inoltre contiene un errore assurdo, scambiando il rendimento degli apparecchi termici con la quota di energia fossile imputabile alle biomasse. Nella bibliografia esistente i riferimenti sono ben diversi. Le analisi condotte con il database GEMIS (Global Emission Model for Integrated Systems ver. 4.42 Öko-institut a V. Darmstadt) nei consumi energetici di energia non rinnovabile consumata per produrre l’energia termica utile ( C.E.R. Cumulated Energy Requirement) , indicano chiaramente  che la legna da ardere ha un coefficiente di 0,036 e il pellet 0,1 rispetto al coefficiente  0,30 indicato nel decreto del MSE, quasi 10 volte maggiore nel caso della legna !!!;
- si evidenzia che la caldaia a legna più efficiente emette meno polveri sottili a parità di kg di legna bruciata rispetto ad una caldaia meno efficiente, e questo in un rapporto più che proporzionale al miglioramento percentuale del rendimento. Pertanto, nell'ipotesi proposta, non solo il consumo di legna e quindi l'emissione di polveri sottili è inferiore a quella che scaturisce dagli obblighi del Decreto, ma, grazie alla maggiore efficienza delle caldaie, si ottiene un ulteriore abbattimento delle emissioni in termini di polveri sottili;
Alla luce di quanto sopra esposto si chiede al Ministro dello sviluppo Economico di conoscere:
se non intenda urgentemente correggere, in modo da migliorare, il D.M. 26 gennaio 2010 aggiungendo i seguenti requisiti già  previsti dal Decreto 11 marzo 2008:
-  miglioramento del rendimento del "generatore di calore" a biomasse, passando dall'attuale classe 3 norma Europea UNI-EN 303-5 (76% per una caldaia di 30 kW ) ad un rendimento di 6 punti superiore (82% per una caldaia di 30 Kw). Con limitazione all'88% per i generatori con potenza termica superiore a 300 kW ;
- obbligo di installazione di una regolazione climatica che piloti la temperatura dell'acqua per il riscaldamento in funzione della temperatura esterna;
- obbligo di installazione contestuale alla caldaia a legna di valvole termostatiche a bassa inerzia termica su ogni radiatore;
- rendere obbligatoria l’installazione di un accumulo inerziale per le caldaie manuali che deve essere dimensionato secondo la formula di calcolo della UNI EN 303-5;
- aggiunta dell'obbligo di asseverazione da parte del tecnico progettista, del soddisfacimento dei predetti requisiti ;
- eliminazione di ogni soglia minima di potenza.

Interrogazione a risposta scritta 4-06189 presentata dal On. Corrado Callegarigiovedì 18 febbraio 2010, seduta n.285

 Al Ministro dell'Economia e delle Finanze,
Al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.- Per sapere
premesso che:
il decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, di attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti ha incluso l'olio vegetale puro tra i prodotti classificati come biocarburanti e, a tale titolo, riportati nell'Allegato I di cui all'articolo 2, comma 2 del suddetto decreto legislativo n. 128 del 2005;
successivamente, il decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26, di attuazione della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, ha previsto, tra l'altro l'equiparazione dell'olio vegetale puro al gasolio agricolo, introducendo la possibilità di esenzione dall'accisa per diverse forme di impiego di tale prodotto;
in specie, il suddetto decreto legislativo n. 26 del 2007 prevede l'esenzione dall'accisa per l'olio vegetale puro immesso nei motori agricoli, per quello utilizzato nel riscaldamento delle serre, nonché per quello impiegato negli impianti che producono energia elettrica;
l'efficacia delle disposizioni che prevedono le suddette agevolazioni, per quanto disposto dallo stesso decreto legislativo n. 26 del 2007, è subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea ai sensi delle vigenti norme comunitarie in materia di aiuti di Stato (articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea);
il relativo provvedimento risulta essere stato regolarmente notificato (n. 529 del 2008) alla Commissione europea che non ha, però, provveduto all'approvazione, a causa di una divergente interpretazione, rispetto a quella data dalle competenti autorità italiane, riguardo alla base giuridica comunitaria, in riferimento alla quale consentire l'esenzione di cui trattasi;
il decreto legislativo n. 26 del 2007 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2007, e l'evidente ed enorme ritardo che, ancora oggi, si sta scontando è da ritenere particolarmente grave, nonché particolarmente penalizzante per gli agricoltori interessati, tenuto anche conto che, in altri Paesi dell'Unione europea, primi fra tutti Austria e Germania, le stesse pratiche di esenzione risultano essere, da tempo, perfezionate e, di conseguenza, l'olio vegetale puro è regolarmente utilizzato come biocarburante in regime di esenzione di accisa;
il grave ritardo accumulato ai fini dell'attuazione delle agevolazioni previste daldecreto legislativo n. 26 del 2007, oltre ai problemi di cui sopra, rischia di far, definitivamente, perdere interesse nei confronti di scelte produttive di assoluto interesse strategico, quali, indubbiamente sono, quelle legate alla produzione di bio-carburanti -:
se e quali iniziative si intendano intraprendere al fine di risolvere i problemi connessi all'autorizzazione da parte della Commissione europea e di giungere ad una sollecita soluzione positiva del problema dell'esenzione dall'accisa per gli oli vegetali puri.(4-06189).


giovedì 30 giugno 2011

La definizione di biomassa nella normativa italiana

Attualmente non esiste in Italia una definizione univoca di biomassa. Data l'eterogeneità dei materiali, il campo di utilizzo, la provenienza, ecc., la definizione di biomassa assume un significato diverso a seconda dell'ambito di applicazione o della normativa di riferimento. Ne consegue che sia per la procedura autorizzativa di un impianto a biomasse che per l'utilizzo di biomasse come combustibile o per la gestione di biomassa intesa come rifiuto o sottoprodotto, dovrà essere utilizzata la definizione della normativa che in quel momento si sta utilizzando.
La cosa può creare difficoltà di attribuzione, dato che le diverse fonti legislative e istituzionali la definiscono in maniera diversa e, talvolta, contraddittoria. Infatti, proprio la tipologia del materiale combustibile e la sua provenienza sono stati oggetto di dinieghi e ricorsi in merito alle procedure autorizzative degli impianti.

Biomasse e IAFR 

Il primo approccio alla definizione di biomassa si ha confrontandosi con la procedura autorizzativa dell'impianto, in caso esso sia dedicato alla produzione di energia elettrica. L’art. 2 del DLgs 387/2003 riprende testualmente la direttiva 2001/77/CE e stabilisce che "... per biomassa si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.
Nel contesto della disciplina delle fonti di energia rinnovabile questa è l’unica definizione di biomassa – presente nella legislazione italiana – che sia rilevante e congruente con la pertinente direttiva (TAR Piemonte Sezione I, sentenza 1563 del 5 giugno 2009).
La definizione di biomassa ai sensi del DLgs 387/2003, è stata ampliata dal recente DLgs 28/2011 recante “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”. L'art. 2, lettera e), definisce la biomassa come “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.”
Oltre alla definizione generale sono distinti i seguenti composti (art. 2):
• bioliquidi i “combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa”;
• biocarburanti i “carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa”;
• biometano il “gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo alla immissione nella rete del gas naturale”.
Rispetto alla precedente direttiva 2003/30/CE, viene aggiunta la definizione di "biometano" e vengono distinti i “bioliquidi” dai “biocarburanti”.

Biomasse combustibili
Più dettagliata è la definizione di biomassa nel caso la si debba intendere come combustibile nella procedura di autorizzazione alle emissioni in atmosfera, ai sensi del DLgs 152/2006, parte V.
Ricordiamo che non necessita di autorizzazione alle emissioni gli impianto di combustione alimentati a biomasse, con potenza nominale inferiore 1MW, o a biogas con potenza nominale inferiore 3MW (art. 269, comma 14, lettera a, e lettera f). Diversamente, per quanto riguarda la definizione dei combustibili consentiti, questi sono indipendenti dalla soglia dimensionale dell'impianto, e sono descritti all'art. 293 ed elencati in dettaglio all'allegato X. Per quanto riguarda le biomasse essi sono:

• biodiesel;
• legna da ardere;
• carbone di legna;
• biomasse combustibili;
• biogas;
• gas di sintesi.

Lo stesso decreto all'allegato X, parte II, sezioni 1, 4 e 6 indica anche le caratteristiche e le condizioni di utilizzo dei combustibili, che di seguito riportiamo.

Biodiesel
Vengono dati i valori limite delle proprietà che il combustibile deve avere in termini di viscosità, residuo carbonioso, acidità, potere calorifico, ecc. (allegato X, parte II, sezione 1, par. 3).

Legna da ardere e altre biomasse combustibili
Vengono definite la provenienza e le condizioni di utilizzo (allegato X, parte II, sezione 4), e cioè:

Tipologia e provenienza
a) Materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;
b) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioni agricole non dedicate;
c) Materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura;
d) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti, aventi le caratteristiche previste per la commercializzazione e l’impiego ;
e) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli;
f) Sansa di oliva disoleata [...];
g) Liquor nero ottenuto nelle cartiere [... ].

Condizioni di utilizzo
La conversione energetica di tali biomasse può essere effettuata attraverso la combustione diretta, ovvero previa pirolisi o gassificazione.

Biogas
Vengono fornite sia le caratteristiche sia le condizioni di utilizzo del biogas (allegato X, parte II, sezione 6). Il biogas deve provenire dalla fermentazione anaerobica metanogenica di sostanze organiche, quali per esempio effluenti di allevamento, prodotti agricoli o borlande di distillazione, purché tali sostanze non costituiscano rifiuti ai sensi della parte quarta del decreto. In particolare non deve essere prodotto da discariche, fanghi, liquami e altri rifiuti a matrice organica.
Il biogas derivante da rifiuti può essere utilizzato con le modalità e alle condizioni previste dalla normativa sui rifiuti.

Il biogas deve essere costituito prevalentemente da metano e biossido di carbonio e con un contenuto massimo di composti solforati, espressi come solfuro di idrogeno, non superiori allo 0,1% v/v.

Rapporto tra biomassa, sottoprodotto e rifiuto
L'attribuzione di alcuni rifiuti "biodegradabili" alla accezione di "biomasse" al fine della valorizzazione energetica e dell’accesso ai meccanismi di incentivazione all'interno della normativa energetica, comporta da molti annidubbi interpretativi e la conseguente rimodulazione delle definizioni.

Già dalla Legge 10/1991, tra le fonti rinnovabili definite all'art. 3, comma 3, è annoverata anche la trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali. Secondo il DLgs 79/1999, fra le fonti rinnovabili è annoverata anche la trasformazione in energia elettrica di prodotti vegetali e rifiuti organici ed inorganici (art. 2, comma 15).

Secondo la Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 10 maggio 2000 sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, si definiscono biomasse gli scarti vegetali provenienti dall'agricoltura, dalla silvicoltura e dall'industria alimentare nonché cascami di legno non trattati e cascami di sughero.

Nella posizione comune CE n. 18/2001 definita dal Consiglio in vista dell’adozione della direttiva europea sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, le biomasse vengono così definite: "la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani”.

A seguire, il DLgs 387/2003 ha ripreso questa definizione, specificando meglio l'ultima categoria e cioè: "...la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani, purché non pericolosa ai sensi degli allegati del Decreto Ronchi sui rifiuti".
Nella nuova definizione di "rinnovabili” data dal DLgs 387/2003 scompaiono i "rifiuti inorganici”, presenti nel DLgs 79/1999. Tuttavia l’articolo 17 (commi 1 e 3) del DLgs 387/2003 stabilisce che, pur nel rispetto della gerarchia di trattamento sancita dal DLgs 22/1997 (priorità al recupero di materia rispetto al recupero di energia) alcuni rifiuti anche non biodegradabili erano ammessi a beneficiare del regime di promozione riservato alle fonti rinnovabili.

I rifiuti ammessi erano quelli non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero, individuati dal Dm 5/2/1998 (poi modificato dal Dm 5/4/2006 n. 186) e quelli ulteriori individuati dal successivo DM 5/5/2006. Erano invece esplicitamente esclusi dal regime riservato alle rinnovabili: le fonti assimilate, i beni, i prodotti e le sostanze derivanti da processi il cui scopo primario fosse la produzione di vettori energetici o di energia, i prodotti energetici non conformi ai requisiti definiti nel DPCM 8/3/2002 (confluito assieme al DLgs 22/1997 nel DLgs 152/2006) disciplinante le caratteristiche merceologiche dei combustibili.

Lo stato attuale del rapporto biomassa/rifiuto
Le recenti disposizioni intervenute in materia di rifiuti, nonché l’evoluzione della giurisprudenza sia comunitaria che nazionale, portano ad affermare che la nozione giuridica di rifiuto si è evoluta al punto da richiedere un approccio dinamico alla stessa. Secondo l’art. 3, punto 12, della direttiva 2008/98/CE, al fine di ridurre la produzione di rifiuti occorre innanzi tutto fare prevenzione allungando il più possibile il ciclo di vita dei prodotti.
Quanto affermato trova esplicitazione:
1. nell’art. 7, punto 1, della Direttiva 2008/98/CE secondo la quale “L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco dei rifiuti non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi. Una sostanza o un oggetto è considerato un rifiuto solo se rientra nella definizione di cui all’art. 3, punto 1.”
Secondo quest’ultima disposizione si definisce “rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi.”


2. nella sentenza del 12 settembre 2008 n. 35235, con la quale la III sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che “l’imprenditore non si disfa di un residuo se può ancora utilizzarlo ricavandone utili, riutilizzandolo nel proprio ciclo produttivo o vendendolo. La vendita è operazione commerciale che reca vantaggi al venditore ed all’acquirente e non gestione di un rifiuto. La gestione degli scarti comporta costi ed oneri, quella dei sottoprodotti arreca invece vantaggi. Il valore economico del residuo è un elemento determinante per la distinzione tra scarto e sottoprodotto anche se spesso è stato trascurato dagli interpreti”.

3. nella definizione di rifiuto contenuta all’art. 183, comma 1, lett. a) del DLgs 152/2006 (modificato dal DLgs 205/2010), che richiede la compresenza di due requisiti per la classificazione di una sostanza quale rifiuto e cioè “che il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi” (comma 1, lettera a) e che rientri nelle categorie riportate nell’allegato alla parte IV.

In materia di rifiuti, le caratteristiche e le condizioni di utilizzo in impianti industriali e termici sono definite all'articolo 185 del DLgs 152/2006, parte IV. Nella attuale formulazione viene definita una gerarchia di gestione dei rifiuti, che comprende “l'opzione” del recupero di energia e l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo come altro mezzo per produrre energia. 

In tal senso sono escluse dall'ambito di applicazione della parte IV del Decreto le seguenti materie:

• Art. 185, comma 1, lettera f) le materie fecali (se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana;

• Art. 185, comma 2, lettera b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento CE n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio.
In conclusione la definizione di biomassa come rifiuto non è sempre chiara e per definire se ci si trova in presenza di un rifiuto (e quindi se si rientra nel campo di applicazione della parte IV del DLgs 152/2006), il proponente e il responsabile del procedimento autorizzatorio dell'impianto a biomasse si devono interrogare su quali siano le intenzioni del soggetto che ha prodotto la biomassa in ingresso (o in uscita), da quale processo produttivo sia scaturito e se sia contenuto in elenchi che lo definiscono tale. 

L’incrocio di queste variabili porterà alla classificazione corretta della sostanza, ed è proprio alla luce delle variabili sopra dette, che la medesima sostanza può essere classificata in modo differente. Sottolineiamo inoltre per gli impianti a biogas, che proprio l'art. 185, comma 2 impedisce di escludere a priori dall'ambito di applicazione della parte IV del DLgs 152/2006 una sostanza di origine animale destinata alla produzione di biogas.

L'impiego dei sottoprodotti per la valorizzazione energetica
Il DLgs 152/2006 (modificato dal DLgs 205/2010) all’art. 183, comma 1, lettera qq) definisce sottoprodotto e non rifiuto (ai sensi dell'art. 183 comma 1 lett. a) qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni e i criteri di cui all'articolo 184-bis, commi 1 e 2, ovvero:
a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

A tentare di dirimere i conflitti di attribuzione tra sottoprodotto e rifiuto è intervenuta la recente modifica all'art. 184. In particolare l'art. 184-ter sostiene che un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto e' comunemente utilizzato per scopi specifici; 
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; 
c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.

Un ulteriore conflitto di attribuzione talvolta nasce dalla pratica di stoccaggio, nei depositi dell'impianto, di rifiuti gestiti come tali per la produzione di energia. Tale materiale può essere incluso sia nelle definizioni del DLgs 387/2003 sia in quelle del DLgs 152/2006 (artt. 208 e 214), ma entrambe le norme comprendono rinvii reciproci ancora incompleti. Risulta evidente che non è possibile una definizione a priori della biomassa come sottoprodotto o rifiuto e la classificazione delle biomasse in ingresso deve essere effettuata caso per caso analizzando in dettaglio tutta la filiera di produzione, gestione ed utilizzo finale della biomassa. La corretta valutazione è fondamentale perché l'attribuzione a rifiuto o sottoprodotto può influire in modo significativo sul business plan dell'impianto.


venerdì 24 giugno 2011

Energia: Finlandia, produzione di energia con biomasse

Il più grande progetto di gassificazione della biomassa del mondo è in programma per la Finlandia. La Global Engenering and Technology Corporation, Metso , è dietro l’impresa, per la costruzione dell’impianto a Voima Oy, Vaskiluodon a Vaasa.
Utilizzando la tecnologia di Metso per sostituire il carbone con energie rinnovabili a base di legno, l’impianto sarà in grado di fornire circa 140 MW alla rete, rendendo l’operazione più grande del suo genere in tutto il mondo.
E’ previsto che dal 25% al ​​40% del carbone attualmente in uso sarà sostituito da biomasse a base di legno, come i residui di foresta e di lavorazione del legno. Il carbone sarè ancora utilizzato per la combustione del gas fornito dalla biomassa, però, si potrà vedere una riduzione delle emissioni di CO2 di circa 230.000 tonnellate annue.
Il progetto ha comportato un investimento da parte Vaskiluodon Voima pari a 40 milioni di euro e dovrebbe essere pienamente operativo verso la fine della coda del 2012. Metso sarà responsabile dello sviluppo del sistema di movimentazione del combustibile, l’impianto di essiccazione e il gassificatore, nonché per le modifiche delle infrastrutture di supporto per il sistema esistente a carbone. Juhani Isakssun, un Product Manager per Metso, ha detto:
“La maggior parte della produzione mondiale di energia è ancora prodotta dal carbone. La nuova tecnologia di Metso di bio-gasification, compresa la biomassa essiccata, offre una nuova alternativa economicamente vantaggiosa per i grandi impianti a carbone per aumentare la quota di biomassa e ridurre al proporzione di carbone e delle emissioni. “
La tecnologia di Metso è pensata per avere un costo relativamente basso e un modo veloce ed efficiente della distribuzione di bioenergie, come il calore in eccesso da riutilizzare in un impianto appositamente progettato per l’essiccazione. In tal modo, la biomassa umida diventa una soluzione conveniente per operazioni su larga scala, come quella di Vaasa. L’approvvigionamento della biomassa sarà a livello locale, invece di importare carbone forniranno anche nuovi posti di lavoro nella zona.
Il progetto pone la Finlandia in una posizione invidiabile per quanto riguarda l’uso delle energie rinnovabili nella produzione energetica. L’attuale legislazione prevede che tutti gli stati UE devono fornire il 20% di tutta l’energia da fonti rinnovabili entro il 2020 e la Finlandia è ben più avanti. Attualmente, il 25% del consumo energetico della Finlandia proviene da fonti rinnovabili e il paese cercherà di raggiungere il 38% entro il 2020.